Prova generale

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Simulazione perfetta: grazie a un posizionatore viene calcolata l’altezza esatta per il montaggio del motore e della trasmissione

Quando si alza il sipario su una Porsche, ogni cosa deve stare al suo posto. È così anche per la nuova Panamera Sport Turismo. Il palcoscenico di prova per lo spettacolo perfetto si chiama «pilot hall». La più moderna nel suo genere si trova allo stabilimento Porsche di Lipsia. Qui tutto si gioca sulla capacità di organizzare le tempistiche, sull’arte di produrre le auto… e sulla biancheria intima.

Andreas Schmidt ne ha già viste parecchie, ha già vissuto parecchie stagioni. Ma il modo in cui «dalle idee e dai disegni dei designer e degli ingegneri di Zuffenhausen e Weissach alla fine nasce qualcosa di così complesso come un’auto», è ciò che ancora adesso lo entusiasma di più. Schmidt è il direttore del Reparto Qualità allo stabilimento Porsche di Lipsia. Il 54enne guarda attraverso le porte a vetro della grande sala conferenze e il suo sguardo si ferma sul nuovo Centro Qualità dotato di dima a traliccio per il controllo esterno carrozzerie e Cubing Center. Nell’area Audit ci attende una Panamera Sport Turismo, illuminata a giorno su uno sfondo bianco candido. Non è una Gran Turismo qualsiasi, bensì la prima vettura di serie del nuovo modello. Il riferimento, insomma. L’auto che, nelle imminenti anteprime fieristiche, dovrà stare sotto i riflettori scintillanti e gli occhi di centinaia di critici osservatori. Insieme ad Alexander Fijak, direttore della «pilot hall», il «padiglione pilota», Schmidt esplora millimetro per millimetro, con gli occhi e con le mani. «È veramente affascinante quanto sia perfetta la nuova Sport Turismo», borbotta il direttore del Reparto Qualità. «Adesso dobbiamo solo produrre altrettanto perfettamente ogni singolo esemplare di serie».

Il primo istinto è quello di sorridere compiaciuto. Il secondo di corrugare un po’ la fronte. Basta solo produrla? Se fosse così facile, non esisterebbe di certo il nuovo Centro Qualità. È stato Schmidt a disegnare con una biro su un foglio di carta la prima bozza di questo complesso. Era l’aprile del 2014. Tredici mesi dopo il grande edificio nuovo di 6.000 mq è stato inaugurato. Il suo fulcro è la pilot hall, il regno di Fijak. Il 40enne è padre di due bimbi e per passione costruisce modellini radiocomandati. Probabilmente l’ingegnoso smanettone è davvero la persona giusta per svolgere questo lavoro, da lui descritto in poche parole: «Ogni nuova Porsche deve approdare alla linea di assemblaggio in base alle tempistiche prestabilite e a una sequenza definita. Come questo avviene, siamo noi a stabilirlo».

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Presente fin dalla prima ora: Alexander Fijak è uno dei primi 14 collaboratori del sito produttivo di Lipsia. Oggi dirige la pilot hall

Sono necessarie 210 fasi di lavoro per produrre una Panamera Sport Turismo. Quaranta addetti Porsche simulano queste procedure su dodici stazioni. Così com’è previsto successivamente nella produzione, nella pilot hall si assembla un pezzo per volta della carrozzeria verniciata, finché il veicolo pronto non poggia sulle quattro ruote ed è pronto all’uso. «Stazione di verifica 6» si chiama questo momento nel gergo produttivo della Porsche di Lipsia. Internamente si tratta dell’anteprima assoluta della berlina sportiva. Il motore viene messo in moto. 210 operazioni intonano una melodia.

Fijak fa parte del primo gruppo di addetti Porsche assunti a Lipsia. Allora erano 14 collaboratori. «Quando iniziai a lavorare qui, c’erano solo un paio di scheletri di capannone», ricorda Fijak, che è originario di Lipsia. Era il novembre del 2000. Presto fu chiaro che la Porsche, anche nel suo impianto produttivo in Sassonia, aveva bisogno di una produzione pilota per soddisfare le esigenze interne all’azienda date dalla produzione di svariati modelli su una singola linea di assemblaggio. Si tratta di un funzionamento incredibilmente flessibile, anche se logisticamente complesso. «Ciò che bisogna assolutamente evitare sono i tempi morti dati dallo stallo del processo produttivo», dichiara convinto Fijak. E per far sì che ciò non accada, Fijak e il suo team mettono alla prova ogni operazione produttiva in maniera minuziosa e sistematica: tutte le componenti combaciano tra loro come previsto? Quanto tempo occorre per assemblare questa o quella componente? È possibile apportare miglioramenti? «Capita di tanto in tanto che la mutanda sia un po’ fuori posto», dice Fijak ridendo sotto ai baffi. Tutto quanto sta al di sotto della carrozzeria visibile, ad esempio tutti i punti di ancoraggio, Fijak lo chiama «la mutanda»: di solito nessuno vuole vederla, ma deve calzare alla perfezione ed essere funzionale.

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Sguardi attenti: Andreas Schmidt (a destra), direttore del Reparto Qualità allo stabilimento di Lipsia, e Alexander Fijak fanno attenzione a ogni minimo dettaglio

«Può capitare che nella fase CAD sfugga qualcosa», confessa Fijak. CAD sta per «Computer Aided Design»: ciò che in passato i disegnatori svolgevano al tecnigrafo, l’ingegnere oggi lo può riprodurre al computer sotto forma di un modello 3D. Qualora un dettaglio del modello CAD non dovesse combaciare, ciò non sarebbe vincolante, così come continua a spiegare Fijak: «C’è tempo a sufficienza per trovare una soluzione ottimale». In genere ci vogliono quattro anni per passare dalla prima bozza progettuale all’avviamento della produzione. Circa un anno e mezzo prima dell’inizio della produzione di serie entra in gioco la pilot hall. Se una componente deve essere riprogettata di sana pianta, ci vogliono al massimo sei mesi affinché il pezzo rivisto sia pronto in base alle specifiche della produzione di serie. Ora, nell’ultima fase prima dell’avviamento della produzione, la cosa più importante è piuttosto testare le varie versioni di equipaggiamento e verificare che i pezzi dei subfornitori rispondano alle specifiche prestabilite. E occorre anche simulare sempre che il loro assemblaggio avvenga senza intoppi. Non deve accadere che una clip di plastica si riveli troppo fragile e si spezzi. Oppure che una filettatura sia storta. «Comunque queste sono piccole cose», dice Fijak, tranquillizzandoci. Le anomalie che scaturiscono dalla fase CAD devono invece essere rapidamente risolte. «Qui può succedere che al progettista sia sfuggito che una componente che egli aveva disegnato al computer vada in conflitto con un’altra nelle operazioni di assemblaggio». In questo caso Fijak e il suo team devono decidere come comportarsi: la componente può essere assemblata prima di quanto previsto? È sufficiente eventualmente spostare un punto di ancoraggio? Oppure bisogna riprogettare tutto daccapo?

Solitamente la soluzione viene trovata rapidamente, grazie ad una comunicazione efficace tra l’impianto di Lipsia e la casa madre di Zuffenhausen. Uno strumento utilissimo in questi casi è la stampante 3D, che è in grado di produrre sia componenti in metallo che di plastica fino a una grandezza di una palla da basket. «Di solito basta. Se la faccenda si fa più grande, perché ad esempio occorre il modello di una trasmissione, contattiamo un fornitore di servizi che effettua il lavoro per noi», spiega Fijak. Le modifiche necessarie su una componente vengono discusse con i progettisti di Stoccarda tramite un maxischermo, posto nella pilot hall. A quel punto si stabilisce di spostare ad esempio il punto di ancoraggio di uno o due millimetri, la componente modificata viene ristampata e poi se ne verifica l’assemblaggio. In condizioni ideali la modifica viene avallata al primo tentativo.

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Pronta per un grande ingresso in scena: il primissimo esemplare della Panamera Sport Turismo per la produzione in serie è nato nella pilot hall

Test di prova nella linea di assemblaggio

«È importante che ogni operazione di lavoro, anche se si tratta di processi automatizzati, avvenga senza intoppi e in maniera efficiente», sottolinea Fijak, calcando la parola «efficiente», mentre per tre volte passa il dito indice sulla lamiera verniciata di giallo di una carrozzeria destinata ai crash test che sta attraversando la stazione di assemblaggio. «I colleghi robot» non collaborano alla pilot hall, ma anche per loro vengono stabilite le sequenze di movimento. I robot hanno un sufficiente spazio di movimento nella fase di assemblaggio. Gli esperti sanno infatti quanto voluminosi e allo stesso tempo agili sono i loro bracci e programmano il tutto di conseguenza. Gli esperti stabiliscono inoltre le forme dei telai ausiliari destinati ai mezzi di movimentazione. Si tratta di piccole gru flessibili che, ad esempio, sono in grado di sollevare la plancia della vettura e di posizionarla all’interno. Al termine il team della pilot hall si occupa dell’ergonomia nella produzione: a che altezza e a quale distanza devono essere collocati gli scaffali accanto alle linee di assemblaggio? A che altezza dal pavimento deve stare sospesa la carrozzeria quando bisogna installare il motore e la trasmissione?

Quando Fijak e il suo team hanno terminato il monitoraggio di un determinato processo di produzione, convogliano la nuova auto sportiva nella linea di montaggio convenzionale e, per fare una prova, la lasciano scorrere insieme alle altre per un pezzo del tragitto. «Questo è uno dei vantaggi della nostra produzione flessibile», dichiara Fijak. Normalmente in questa fase tutto funziona bene e in seguito il modello continua a viaggiare su tutta la distanza della linea di assemblaggio. A questo punto gli esperti della pilot hall si preoccupano di istruire gli addetti della linea di assemblaggio, prima che questi si dedichino quindi alla successiva Porsche che sta arrivando alla loro postazione. Alexander Fijak è già soddisfatto: «Presto si riparte e allora proveremo qui la produzione di un nuovo modello». Quale sarà? Andreas Schmidt non può ancora rivelare nulla. Dice solo: «Al Centro Ricerca e Sviluppo di Weissach e a Zuffenhausen i nostri colleghi sono già a buon punto». E a Lipsia, loro, la nuova auto dovranno solo produrla.

Testo Thorsten Elbrigmann
Fotografie Rafael Krötz