Nota di cuore

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Salino: Alexandra Carlin respira profondamente, chiude gli occhi, sente la sabbia tra le dita dei piedi e l’effetto di vento e acqua

Un tappeto profumato di fiori, alberi, muschio e mare: il sontuoso giardino dell’eden della Garden Route. Alexandra Carlin cerca nuove ispirazioni in Sudafrica. La profumiera francese conosce più di mille essenze. Le sue creazioni ampliano di anno in anno l’universo olfattivo.

Un ultimo sguardo all’acqua, un’ultima volta a piedi nudi sul pontile in legno, il viaggio è quasi giunto al termine. Quel momento, che la commuove quasi fino alle lacrime, Alexandra Carlin lo aveva aspettato a lungo. Poco prima stava preparando la valigia, con abiti dalla Francia e impressioni dal Sudafrica, pronta a prendere l’aereo e rientrare a Parigi, la sua città natale, quando all’improvviso quasi non era riuscita a credere al proprio naso. Nell’aria aleggiava un odore dolciastro-appiccicoso, morbido e stimolante allo stesso tempo. Si è incamminata tra la facciata della casa e la staccionata del giardino, tra arbusti selvatici, proteggendosi il volto con le mani delicate. Le api lo hanno trovato molto prima di lei: l’honeybush. Letteralmente cespuglio di miele, l’honeybush è una pianta che cresce solo in Sudafrica e i cui fiori gialli sono utilizzati per la produzione di tè. La donna è senza parole. Per giorni aveva cercato questa pianta rara lungo la Garden Route, e invece ce l’aveva lì vicino, nel giardino della casa vacanze nella quale aveva alloggiato.

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Roccioso: l’odore delle pietre ricoperte di muschio si mescola a quello di libertà fiorita, sabbia e ampi spazi

Alexandra Carlin lavora da nove anni per Symrise, leader globale nel settore delle essenze e degli aromi. Dal 2011, anno in cui ha concluso la specializzazione come profumiera, crea profumi per il mercato internazionale. Alcuni su richiesta dei clienti, altri di propria iniziativa, ma tutti con dedizione e piacere: «Alcuni clienti vogliono avere troppe essenze nel loro profumo, il che rende la creazione finale troppo nervosa. Allora devo capire quale essenza posso togliere», spiega Carlin che lavora con fino a duecento essenze contemporaneamente. La professione l’ha imparata presso l’esclusiva scuola di profumeria ISIPCA a Versailles e la scuola gestita da Symrise a Holzminden, in Germania, per poi approfondire le sue conoscenze presso un profumiere di Grasse, nel sud della Francia, la capitale mondiale del profumo, dove già Jean-Baptiste Grenouille, il protagonista del romanzo «Il Profumo» di Patrick Süskind, aveva affinato il proprio olfatto. In teoria voleva diventare scrittrice, toccare l’anima delle persone con le parole, ma è andata diversamente: «A 18 anni sentii alla radio dei profumieri parlare del loro lavoro e mi fu subito chiaro che quello era il lavoro della mia vita». E che cosa si impara all’università dei profumi? A sentire gli odori? «Sì, e lo si fa così a lungo finché non si è in grado di scomporre i profumi nelle loro singole componenti e di riconoscere a naso il dosaggio degli ingredienti».

Un talento del tutto speciale, che deve essere perfezionato di giorno in giorno, in quanto tutti possono imparare a memoria la composizione di un profumo, ne è sicura. È solo una questione di tempo. «Ma creare un profumo è tutta un’altra cosa, è una sfida del tutto diversa. Bisogna essere in grado di toccare l’anima delle persone, trovare esattamente quell’essenza che conquista il loro cuore. Come scrivere un racconto, ma senza parole».

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A fior di pelle: la scritta beija flor, letteralmente «colei che bacia i fiori», decora il polso sinistro della profumiera. In portoghese significa colibrì

La 36enne indossa una maglietta bianca, gli attillati jeans neri lasciano intravedere il profilo delle gambe sode e allenate della donna che in passato ha vinto gare di salto triplo e cento metri. Il foulard di seta colorato e i capelli color castano chiaro sono mossi dal vento. Il suo volto è delicato e luminoso, verso il naso si fanno largo un po’ di lentiggini. Gli occhi marroni brillano. Alexandra Carlin strofina tra i polpastrelli di pollice e indice una foglia color verde scuro, assorbe la struttura della pianta nelle sue mani e chiude gli occhi: «Adesso devo nuovamente rompere le regole, ignorare gli schemi di pensiero e non essere prevenuta. Ora posso pensare a tutto, ma non alle piante, altrimenti mi vengono a mancare le immagini giuste in testa». Pochi minuti dopo è sicura che la foglia abbia lo stesso odore della carne di montone alla griglia, un po’ affumicata e allo stesso tempo avvoltolata con amore da grani di pepe. Per descrivere così a parole gli odori, a questa donna non serve molto, solo la mente libera: «Mi faccio ispirare dai viaggi, dall’incontro con nuove culture, ma anche da romanzi, mostre e musica. Tutto questo mi dà una certa sensibilità e da queste sensazioni nascono le mie storie». Confezionate in un flacone.

Il Sudafrica mancava ancora nell’universo olfattivo della donna parigina. Questo Paese è perfetto per respirare la natura, esplorare la corteccia degli alberi, accarezzare i prati, annusare i fiori. Carlin non si ferma neppure di fronte a un ciuffo di peli di lupo rimasti incastrati nella rete di qualche recinzione. Allunga il naso verso il parapetto del ponte dello Tsitsikamma National Park, la sabbia della Wilderness Beach, funi d’acciaio, sedili di automobili. Indovina il profumo utilizzato dalla cameriera passandole accanto, riconosce lo shampoo della fotografa. Con un respiro profondo racchiude nel suo cuore la Porsche 911 SC color argento del 1978. Perché ha un odore così meravigliosamente horsy, ovvero cavallino. «Mi ricorda una vacanza in Mongolia. I cavalli della Mongolia hanno un odore completamente diverso da quelli francesi», dice rovistando nel cassetto dei ricordi delle vacanze, ormai aperto. Schiaccia nuovamente il naso contro il sedile in pelle della Targa: «Pieno e selvaggio, lo stesso odore dell’avventura».

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Mentre scende lungo le montagne per il passo di Franschhoek, canticchia fra sé e sé. A bordo strada, un piccolo chiosco isolato interrompe il panorama montano. Lì si può mangiare un toast. Ride e racconta: «Un tempo, dopo la scuola, andavo spesso a trovare mia nonna. Negli ultimi cento metri sentivo sempre un odore dolciastro, leggermente di ruggine, di brioche tostate, e sapevo che mia nonna aveva sfornato le sue creazioni e stava bene». Per Carlin questo è l’odore che più è rimasto impresso nella sua vita.

Attualmente quello che le piace di più è il profumo del vetiver, una pianta erbacea tropicale dell’Asia. «Il vetiver richiama in una volta sola numerose immagini. Ha un odore simile a quello del fumo e del legno, di nocciole e pompelmo allo stesso tempo». Nella vita di Carlin vi sono però anche odori che l’accompagnano nei suoi peggiori incubi. Le piacerebbe molto dimenticarli, ma non è così semplice. L’odore delle fatiscenti stazioni della metropolitana è uno di questi, un mix di immondizia, birra sversata e persone senza patria né legge.

La Targa ti fa sentire la Garden Route scorrere nelle vene. Carlin si dirige verso Knysna. L’area fertile e le colline ricoperte di vigneti che circondano Città del Capo sono lontane, alle sue spalle. Allunga il mento verso l’alto, c’è un odore di bruciato, da qualche parte lì vicino c’è del fuoco. Decide di fare una deviazione. Per una profumiera le vere avventure hanno luogo lontano dalle strade principali. Poi, dopo aver parcheggiato la Porsche, va alla scoperta della natura, penna e taccuino alla mano e tutti i sensi all’erta. «Devo allenare il mio olfatto giorno per giorno», spiega ripensando in particolare al periodo successivo alla nascita di suo figlio Sasha. «È stato davvero brutto, il mio naso era come anestetizzato, ho dovuto ricominciare da zero». Nei mesi successivi rinunciò diverse volte a qualsiasi profumo. «Perché se usi un profumo il neonato ha solo il tuo odore». Un’eccezione assoluta per Carlin: «Senza profumo mi sento nuda».

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In contemplazione: le piace stare da sola, annotare e ordinare gli odori e le impressioni della giornata. Memorizzarli, da qualche parte, tra le migliaia di odori che già conosce

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Libertà e avventura: questo è l’odore del mare nello Tsitsikamma National Park. Quando il sole cala all’orizzonte, i sensi si acuiscono

Racconta poi che tutte le composizioni si possono ordinare secondo la piramide delle essenze. La nota di testa, o nota capitale, si percepisce per prima, ma è anche quella che svanisce il più velocemente. La nota di cuore, elemento principale di un profumo, si percepisce a lungo e crea il legame più forte con la pelle. La nota di fondo si fonde invece in modo del tutto individuale con la pelle, sviluppando su ogni persona una nota profumata diversa. Carlin beve un chai latte e annota le sue impressioni in un taccuino nero. Per ricordarle chiude gli occhi, cerca di richiamare gli odori, di descriverli in parole e memorizzarli nuovamente. Di tanto in tanto beve un sorso d’acqua, che nei suoi tour in cerca di ispirazione porta sempre con sé per neutralizzare gli odori. La bottiglia d’acqua la tiene nella borsa vicino a una maglietta del suo ragazzo Thomas, da lui indossata una notte intera. Sa di lui. Chiude gli occhi, come allora, quando si sono conosciuti, anni fa. Vuole tornare qui insieme a lui, il Sudafrica l’ha completamente affascinata. È così come se l’era immaginato? «Avevo molte immagini e odori in testa. Le mie associazioni? Continente più antico, inizio del mondo, frutti, sabbia rossa, grandi animali, big bang. Essenze sensuali e impulsive allo stesso tempo, di miele, libertà, ampi spazi, roiboos e fumo».

Si immaginava tutto di color rosso. «In realtà è tutto verde». Il paesaggio è così vario. Sembra impossibile non innamorarsene. Costiere ripide e spiagge incontaminate si alternano a tappeti profumati di fiori di protea. All’improvviso si attraversa un bosco scuro di yellowwood tree, le cui fronde morbide sbattono contro il tetto della Targa.

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Chiude il taccuino e racconta di come ci siano anche altre possibilità per memorizzare gli odori, con l’aiuto dell’alta tecnologia, nella fattispecie l’headspace. «È un’apparecchiatura che consente di cogliere l’odore di una pianta viva. Lo scompone nei suoi elementi strutturali, fornisce una specie di schizzo delle sostanze che lo compongono e che poi possono essere riprodotte in laboratorio». Carlin ha utilizzato solo i suoi sensi e ha dato voce agli odori. I suoi ultimi appunti sono dedicati all’honeybush: «È il profumo della libertà nel cuore».

Testo Christina Rahmes
Fotografie Petra Sagnak